
L’ECONOMIA CIRCOLARE
Con “Economia Circolare” si intende un processo di produzione e consumo consapevole in grado di estendere il ciclo di vita dei prodotti e delle risorse con l’obiettivo di evitare gli sprechi e ridurre i rifiuti derivati. Un processo in grado di autorigenerarsi, pensato per dare una seconda vita a tutti i prodotti che, in teoria, avrebbero terminato la loro funzione, ma che possono essere reinseriti un un ciclo economico virtuoso e di condivisione.
I fondamenti dell’Economia Circolare sono cinque:
– Sostenibilità ambientale/delle risorse: utilizzo di materie prime riciclabili o biodegradabili, insieme ad un’energia rinnovabile;
– Nuova visione del concetto di proprietà: offrire un prodotto come servizio, ossia un metodo che consente all’azienda produttrice di rimanere la detentrice del bene e di offrirlo al cliente in uso o sotto forma di servizio;
– Estensione del ciclo di vita: progettare prodotti in modo che questi possano durare più a lungo ed essere riutilizzati, riparati;
– Recupero e riciclo: creare nuovi cicli produttivi nei quali gli “scarti” possono essere recuperati e impiegati in altri prodotti;
– Condivisione: creare e promuovere piattaforme dove gli utenti, proprietari di beni, possono allocare i propri prodotti in modo che possano essere riutilizzati.
Lo scarto diventa risorsa, la gestione dei processi produttivi si fa più efficiente marcando il confine tra modelli di sviluppo obsoleti e una nuova strategia che ci proietterà in un futuro prossimo ricco di sfide importanti a livello sociale, ambientale ed economico.
Sfide che non possiamo permetterci di perdere.
La vastissima letteratura economica e manageriale propone diverse definizioni di Economia Circolare, tra cui:
➢ EC come “nuovo paradigma” imperniato sull’efficienza dell’uso delle risorse, sul loro utilizzo a cascata, sulla gerarchia dei rifiuti e sulla maggiore responsabilità deii produttori. Le materie prime vergini (rinnovabili o non rinnovabili) sono impiegate solo quando non sono disponibili materie prime seconde, mentre le risorse rinnovabili sono impiegate entro i limiti della sostenibilità e della capacità di carico degli ecosistemi (Circular Economy Network (CEN), Rapporto sull’economia circolare in Italia, 2021);
➢ EC come “flusso di materia a circuito chiuso” nell’intero sistema economico al quale può essere associato il «riutilizzo», «trattamento», «recupero», la «preparazione per il riutilizzo», e il «riciclaggio» dei rifiuti (Direttiva 2008/98/CE). Con riferimento alle misure per l’Economia Circolare, la Direttiva (UE) 2018/851, che modifica la Direttiva 2008/98/CE, stabilisce, tra l’altro, requisiti minimi per la responsabilità estesa del produttore.
➢ EC come “modello capace di rigenerare prodotti, componenti e materiali” con un più alto valore e utilità, il cui principale intento è quello di aumentare l’efficienza dell’uso delle risorse, con particolare riferimento al settore dei rifiuti urbani e industriali, e di promuovere il disaccoppiamento della pressione ambientale dalla crescita economica. Il dispiegarsi dell’EC è stimato valere fino a 630 miliardi di dollari in termini di risparmio materiale dei beni di consumo, con benefici aggiuntivi in termini di produttività delle risorse naturali e di stabilità della catena di approvvigionamento (Ellen MacArthur Foundation, Towards the Circular Economy, 2013).
Fonte: sna.gov.it
Cosa significa fare Economia Circolare?
Le aziende non possono più concentrarsi solo ed esclusivamente sul profitto, ma devono tenere in considerazione tutte quelle che sono le nuove esigenze del mercato. Il vecchio modello economico, basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse e sulla mercificazione massiva dei prodotti, ha prodotto danni incalcolabili all’ecosistema terrestre oltre ad una forte diseguaglianza sociale.
Inoltre, le sempre maggiori difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime hanno accentuato il problema, rendendo indispensabile la transizione verso l’economia circolare. Fortunatamente, negli ultimi anni si sta assistendo a numerosi processi di riconversione produttiva per un migliore utilizzo delle risorse anche grazie agli incentivi, statali ed europei, messi a disposizione.
Molte di queste nuove aziende stanno creando un sistema di condivisione integrata di saperi e di risultati, un lavoro in rete che aiuta nel conseguire obiettivi difficilmente raggiungibili singolarmente. Dei veri e propri social network capaci di rigenerare i gangli della società civile.
Molteplici sono i settori produttivi che stanno ripensando la loro filiera in termini di sostenibilità e innovazione ottenendo prestazioni migliori misurabili non solo dal punto di vista economico, ma anche della percezione che i consumatori, sempre più consapevoli, hanno del brand. Rimanendo nell’ambito degli scarti agricoli/alimentari, si produce bio-plastica dai resti dei gusci d’uovo o recuperando le acque reflue della filiera casearia; dagli scarti della coltivazione del riso si possono ottenere nuovi materiali per l’edilizia come intonaci, pitture e pennelli; dalle vinacce esauste si può realizzare una pregevole pelle vegetale. Ma sono solo alcuni dei numerosissimi esempi possibili.
Alla luce di tutto ciò, appare evidente l’importanza strategica che assumono le imprese e il mondo della produzione, il cui ruolo va ripensato in funzione della necessità di garantire l’equilibrio tra la sostenibilità e produzione. Così come le imprese dovranno modificare i propri sistemi nel prossimo futuro, così anche i consumatori dovranno fare la propria parte, prediligendo nuovi modelli di consumo ispirati a criteri di sostenibilità sociale e ambientale. Non è più possibile attingere massicciamente alle risorse naturali, senza curarsi della loro disponibilità nel lungo periodo e riversare nell’ambiente, in misura crescente scorie e rifiuti. Convertire il modello da lineare a circolare appare dunque la sola alternativa sostenibile.

L’economia circolare in Italia
Svincolare la crescita dal consumo di risorse è uno degli obiettivi primari dell’economia circolare. Nonostante i numerosi incentivi e la maggiore attenzione verso le buone pratiche, la pandemia e il recente conflitto ucraino hanno frenato lo slancio verso modelli di produzione e di consumo circolari. L’Italia, in particolare, nonostante le criticità globali è riuscita a migliorare alcuni indicatori di circolarità meglio di altri Paesi, soprattutto per quanto riguarda la produttività delle risorse e la diminuzione dell’uso di materie prime. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR) sono previsti corposi incentivi economici e riforme per l’agricoltura sostenibile, l’economia circolare, la transizione energetica, la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica degli edifici, le risorse idriche e l’inquinamento con lo scopo di favorire una progressiva sostituzione dei vecchi modelli di gestione e puntare ad una migliore sostenibilità di tutto il sistema economico riducendo i consumi, la produzione di rifiuti e l’impatto ambientale.
Il PNRR prevede ulteriori interventi per promuovere l’EC principalmente nella Missione 2 che riguarda la “Rivoluzione verde e la Transizione Ecologica”. In particolare, la Componente M2C1 – “Economia circolare e agricoltura sostenibile” assegna all’EC circa 2,1 miliardi di euro nell’ambito delle misure per “Miglioramento della capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare”: 1,5 miliardi sono destinati all’ammodernamento degli impianti di trattamento e di riciclo dei rifiuti mentre i restanti 600 milioni riguardano cd. “progetti-faro” per sviluppare il riuso di alcuni flussi di materia (come plastiche, carta e imballaggi, tessile, vetro e RAEE). Anche nelle misure per “Sviluppare una filiera agroalimentare sostenibile” sono previsti investimenti per l’ammodernamento del ciclo di lavorazione, stoccaggio e confezionamento dei prodotti alimentari volti a eliminare o ridurre la generazione dei# rifiuti e favorirne il riutilizzo a fini energetici (investimento 2.3).
Inoltre, nella Componente M2C2 – “Energia rinnovabile, Idrogeno, Rete e Mobilità sostenibile” il Piano prevede finanziamenti per 1,92 miliardi di euro per progetti di bio-metano nella filiera agro-industriale (investimento 1.4) che puntano a massimizzare il recupero energetico dei residui organici. Infine, nella Missione 1 del PNRR, dedicata alla “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, la Componente M1C2 – “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”, presenta opportunità potenzialmente rilevanti per l’EC derivanti dagli incentivi alle imprese previsti nell’ambito della misura “Transizione 4.0”.
Fonte: sna.gov.it
Soffermandoci, nello specifico, sulla situazione in Italia dello spreco alimentare, si stima che questo nel nostro Paese valga quasi 16 miliardi di euro all’anno. Con uno spreco, ogni anno, di circa 67 kg di alimenti per abitante (fonte: Coldiretti), per un totale di oltre 4 milioni di tonnellate.
L’Italia è il peggiore tra gli stati europei in termini di spreco alimentare degli ultimi venti anni. Il recente rapporto Reduce, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha quantificato lo spreco nella grande distribuzione in un valore pari a 18,7 kg annui, in media, per ogni metro quadro di superficie di vendita. A livello nazionale si tratta di oltre 220.000 tonnellate di cibo buttato nella fase distributiva. Oltre un terzo dei prodotti ritirati dalla vendita sarebbe ancora perfettamente commestibile.
Per porre un freno al food waste, dal 14 settembre del 2016 è entrata in vigore la legge 166/2016, la cosiddetta norma “antisprechi”, la cui prima firmataria è stata l’onorevole Maria Chiara Gadda
La Legge Gadda
La legge persegue la finalità di ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici e di altri prodotti, attraverso la realizzazione dei seguenti obiettivi prioritari:
a) favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale, destinandole in via prioritaria all’utilizzo umano;
b) favorire il recupero e la donazione di medicinali, di prodotti farmaceutici e di altri prodotti a fini di solidarietà sociale;
c) contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali mediante azioni volte a ridurre la produzione di rifiuti e a promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti;
d) contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, adottato ai sensi dell’articolo 180, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e dal Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare previsto dal medesimo Programma nonché alla riduzione della quantità’ dei rifiuti biodegradabili avviati allo smaltimento in discarica;
e) contribuire ad attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori e delle istituzioni sulle materie oggetto della presente legge, con particolare riferimento alle giovani generazioni.
La Legge Gadda ha consentito di incrementare del 25% il recupero di alimenti ancora buoni e perfettamente consumabili dalla filiera produttiva e distributiva riducendo la burocrazia e agevolando fiscalmente le donazioni. Dalla sua entrata in vigore, solo prendendo ad esempio la grande distribuzione, si è passati dalle 5mila tonnellate di cibo recuperato alle oltre 12mila del 2021.
Creare un quadro normativo trasparente, agevolare le donazioni prevedendo non solo un iter semplificato, ma introducendo anche una riduzione della TARI per le aziende che cedono gratuitamente derrate alimentari, da il senso di come le buone pratiche possano essere finalmente premiate in maniera sistemica e riconosciuta.
Visti i risultati lusinghieri, le disposizioni della legge antispreco sono state estese a molti altri beni come i farmaci, i giocattoli, il tessile, l’arredamento, i materiali per l’edilizia, i prodotti di cartoleria o per l’igiene della persona e della casa, i libri, i giocattoli, i pc, le apparecchiature elettroniche e tanto altro.

L’economia circolare in Europa
Nel 2015 la Commissione europea ha adottato un piano d’azione per contribuire ad accelerare la transizione dell’Europa verso un’economia circolare, stimolare la competitività a livello mondiale, promuovere una crescita economica sostenibile e creare nuovi posti di lavoro.
Il piano d’azione definisce 54 misure per “chiudere il cerchio” del ciclo di vita dei prodotti: dalla produzione e dal consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie. Inoltre, individua cinque settori prioritari per accelerare la transizione lungo la loro catena del valore (materie plastiche, rifiuti alimentari, materie prime essenziali, costruzione e demolizione, biomassa e materiali biologici). Il piano pone un forte accento sulla creazione di una solida base su cui gli investimenti e l’innovazione possano prosperare.
La transizione è sostenuta finanziariamente dai Fondi strutturali e di investimento europei, da Orizzonte 2020, dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e dal programma LIFE.
Il piano d’azione promuove inoltre una stretta cooperazione con gli Stati membri, le regioni e i comuni, le imprese, gli organismi di ricerca, i cittadini e le altre parti interessate che partecipano all’economia circolare.
Tutte le 54 azioni previste dal piano sono state attuate o sono in fase di attuazione.
(fonte: UE)
Economia Circolare: i benefici per le aziende
Investire nell’Economia Circolare ha certamente senso non solo dal punto di vista ambientale: anche le aziende possono trovare benefici economici nel riconvertirsi o puntare sin da subito su un modello sostenibile, di ampio respiro, innovativo e sempre più ben visto dai consumatori.
Secondo studi di settore effettuati dal Politecnico di Milano, l’adozione di pratiche manageriali per l’economia circolare nell’industria italiana genererebbe, al 2030, circa 100 miliardi di euro annui.
Il settore a beneficiarne di più sarebbe quello delle costruzioni, dove l’adozione di pratiche di economia circolare potrebbe liberare 37 miliardi annui. Nel settore food & beverage il guadagno sarebbe di 20,2 miliardi all’anno, mentre nell’automotive di 18,2 miliardi. Seguono l’elettronica di consumo (12,9 miliardi), machinery (6,2 miliardi) e mobili e arredamenti (4,5 miliardi).
Considerando anche l’introduzione di norme che incentivano la sostenibilità e l’efficienza dei processi produttivi e che, di contro, penalizzano pratiche obsolete e di forte impatto ambientale e sociale, rimanere indietro rispetto al cambiamento significa perdere di competitività rispetto ad altre aziende e di autorevolezza nei confronti di un mercato fatto di consumatori sempre più consapevoli ed influenti che non hanno paura di esprimere la propria opinione.
Aumentare il valore identitario dei propri prodotti e dell’azienda permette di aprirsi anche ad altri mercati; produrre meno scarti e favorire il riciclo e il riutilizzo di quest’ultimi, secondo il Ministero dell’Ambiente, potrebbe generare oltre 600 miliardi di euro di risparmio netto per le imprese, sempre meno alle prese con i costi di smaltimento e dismissione.
Anche lo stesso scarto, quando prodotto, può acquisire valore economico se diventa materia prima seconda per altre produzioni.
Insomma, non si tratta di una scelta esclusivamente etica: ridurre i costi di produzione, migliorare la propria reputazione, acquisire nuovi segmenti di mercato e godere di agevolazioni fiscali sono punti a favore molto importanti nel considerare prioritaria la transizione verso modelli di business circolari. Modelli che, secondo il Parlamento Europeo, potrebbero portare ad oltre 500.000 nuovi posti di lavoro nel solo territorio dell’UE.

Economia Circolare: i benefici per i consumatori
All’interno dei nuovi modelli di economia circolare il ruolo del consumatore diventa fondamentale.
L’utilizzo consapevole di strategie e prodotti che rispettano l’ambiente, evitano gli sprechi e permettono una maggiore sostenibilità economica, sono i nuovi capisaldi di un segmento sempre più ampio di persone che premiano con l’acquisto tutte quelle aziende ritenute efficienti e maggiormente responsabili.
Comunicare, in maniera trasparente, i propri punti di forza significa entrare in diretto contatto con il consumatore finale, sempre più abile a trasmettere le sue esperienze attraverso piattaforme digitali che, a loro volta, posso influenzare altri consumatori.
Collaborare con altre reti di consumatori per confrontare e favorire l’adozione di pratiche circolari e sostenere la transizione verso un mercato più sostenibile è un enorme stimolo, etico ed economico, per le aziende: il forte aumento della richiesta di prodotti green e pratiche antispreco, consente di concepire tutta una serie di servizi e prodotti con un ciclo di vita rinnovato, ecologici, che durano più a lungo e che possono essere acquistati ad un prezzo ragionevole.
L’attenzione verso il riciclo e il riutilizzo se in un primo momento è rivolta maggiormente all’ambito domestico, in questa seconda fase si sposta all’esterno e orienta le scelte strategiche globali, incidendo positivamente sulle dinamiche che regolano l’offerta di prodotti e servizi sempre più sostenibili.
In sostanza, un consumatore consapevole può concorrere a salvaguardare le materie prime naturali, stimolare nuova occupazione e filiere virtuose e innovative, evitare sprechi, produzione indiscriminata di rifiuti e creare economia sostenibile.
