L’ECONOMIA CIRCOLARE

Con “Economia Circolare” si intende un processo di produzione e consumo consapevole in grado di estendere il ciclo di vita dei prodotti e delle risorse con l’obiettivo di evitare gli sprechi e ridurre i rifiuti derivati. Un processo in grado di autorigenerarsi, pensato per dare una seconda vita a tutti i prodotti che, in teoria, avrebbero terminato la loro funzione, ma che possono essere reinseriti in un ciclo economico virtuoso e di condivisione.

I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare basato esclusivamente sul profitto, e i suoi fondamenti sono principalmente cinque:

  • Sostenibilità ambientale/delle risorse: utilizzo di materie prime riciclabili o biodegradabili, insieme ad un’energia rinnovabile;
  • Nuova visione del concetto di proprietà: offrire un prodotto come servizio, ossia un metodo che consente all’azienda produttrice di rimanere la detentrice del bene e di offrirlo al cliente in uso o sotto forma di servizio;
  • Estensione del ciclo di vita: progettare prodotti in modo che questi possano durare più a lungo ed essere riutilizzati, riparati;
  • Recupero e riciclo: creare nuovi cicli produttivi nei quali gli “scarti” possono essere recuperati e impiegati in altri prodotti;
  • Condivisione: creare e promuovere piattaforme dove gli utenti, proprietari di beni, possono allocare i propri prodotti in modo che possano essere riutilizzati.

Lo scarto diventa risorsa, la gestione dei processi produttivi si fa più efficiente marcando il confine tra modelli di sviluppo obsoleti e una nuova strategia che ci proietterà in un futuro prossimo ricco di sfide importanti a livello sociale, ambientale ed economico.

La vastissima letteratura economica e manageriale propone diverse definizioni di Economia Circolare, tra cui:

  • Economia Circolare come “nuovo paradigma” imperniato sull’efficienza dell’uso delle risorse, sul loro utilizzo a cascata, sulla gerarchia dei rifiuti e sulla maggiore responsabilità deii produttori. Le materie prime vergini (rinnovabili o non rinnovabili) sono impiegate solo quando non sono disponibili materie prime seconde, mentre le risorse rinnovabili sono impiegate entro i limiti della sostenibilità e della capacità di carico degli ecosistemi (Circular Economy Network (CEN), Rapporto sull’economia circolare in Italia, 2021);
  • Economia Circolare come “flusso di materia a circuito chiuso” nell’intero sistema economico al quale può essere associato il «riutilizzo», «trattamento», «recupero», la «preparazione per il riutilizzo», e il «riciclaggio» dei rifiuti (Direttiva 2008/98/CE). Con riferimento alle misure per l’Economia Circolare, la Direttiva (UE) 2018/851, che modifica la Direttiva 2008/98/CE, stabilisce, tra l’altro, requisiti minimi per la responsabilità estesa del produttore.
  • Economia Circolare come “modello capace di rigenerare prodotti, componenti e materiali” con un più alto valore e utilità, il cui principale intento è quello di aumentare l’efficienza dell’uso delle risorse, con particolare riferimento al settore dei rifiuti urbani e industriali, e di promuovere il disaccoppiamento della pressione ambientale dalla crescita economica. Il dispiegarsi dell’EC è stimato valere fino a 630 miliardi di dollari in termini di risparmio materiale dei beni di consumo, con benefici aggiuntivi in termini di produttività delle risorse naturali e di stabilità della catena di approvvigionamento (Ellen MacArthur Foundation, Towards the Circular Economy, 2013).

Cosa significa fare Economia Circolare?

Il nostro modello di produzione e consumo si basa principalmente su quella che viene definita un’economia lineare, un sistema economico industriale, un’economia di mercato, che si basa sull’estrazione di materie prime sempre nuove, sul consumo di massa e sulla produzione di rifiuti sempre maggiore. Si tratta di un modello durato 150 anni e che ha mostrato nel tempo tutte le sue criticità, provocando danni incommensurabili all’ecosistema terrestre oltre ad una forte diseguaglianza sociale: dall’inquinamento dei mari e del suolo, all’emissione di gas serra con tutti i suoi effetti negativi sul clima, fin all’aumento dilagante della produzione di rifiuti e scarti.

L’economia circolare si presenta, in questo contesto, come la soluzione ai problemi provocati da un modello che considera infinite e inesauribili le risorse naturali. Nella fase storica contemporanea, l’umanità sta fronteggiando da un lato un aumento della domanda di materie prime, dall’altro l’emergenza della scarsità di alcune risorse naturali, che per loro natura sono limitate, mentre la popolazione mondiale cresce e questa è una delle cause dell’aumento della domanda. Tra le conseguenze di questa dinamica c’è anche il fatto che la scarsità di materie prime, se non affrontata con la giusta attenzione verso il riuso e il riciclo delle risorse, è uno dei fenomeni alla base della dipendenza di alcuni Paesi da altri.

Al principio di questo errato sistema basato sul paradigma “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”, che dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili e a basso prezzo, bisogna agire contrapponendo un approccio più attento e responsabile, basato su un principio tanto semplice quanto innovativo: la vita dei prodotti non ha un inizio e una fine. Un sistema economico in grado di rigenerarsi da sé, in cui esistono due tipi dii flussi di materiali: biologici, che possono essere reintegrati nella biosfera, e tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. Le aziende ormai non possono più concentrarsi solo ed esclusivamente sul proprio profitto, ma è indispensabile una transizione verso un’economia circolare. L’obiettivo è creare un ciclo continuo in cui prevalga la condivisione, il prestito, il riutilizzo, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti il più a lungo possibile, riducendo al minimo i rifiuti e rigenerando le risorse.

L’economia circolare può concretizzarsi in diversi modi. Il corretto riciclo dei rifiuti differenziando con attenzione carta, vetro, plastica e metallo. L’upcycling e il riciclo creativo, trasformando vecchi oggetti o materiali di scarto in nuovi prodotti di valore. Modelli di affitto e condivisione attraverso l’utilizzo di piattaforme che permettono alle persone di affittare o condividere beni anziché acquistarli, riducendo la necessità di produzione di nuovi prodotti e il conseguente spreco. Design circolare progettando prodotti che favoriscono il riutilizzo, il riciclo e la riparazione. Produrre nuovi prodotti attrave5rso l’utilizzo di materiali riciclati o recuperati, riducendo la dipendenza dalle risorse vergini. Incentivare pratiche agricole che mirano a ridurre gli sprechi, riciclare i nutrienti e promuovere la sostenibilità ambientale, come l’uso di compost e tecniche di coltivazione senza suolo. In alcuni casi siamo nel campo della progettazione, della regolamentazione e della produzione, mentre in altri parliamo di pratiche che ognuno può attuare nella propria vita quotidiana e che fanno la differenza. I soggetti chiamati a contribuire ad una tradizione verso una economia circolare sono molteplici: aziende, governi, amministrazioni locali, cittadini.

Appare evidente l’importanza strategica di sinergie e collaborazioni, che portino le imprese e il mondo della produzione a rivedere completamente la propria strategia di business, così come i consumatori a prediligere nuovi modelli di consumo ispirati a criteri di sostenibilità sociale e ambientale. Creare dunque un’economia che operi in armonia con il nostro mondo naturale e che non comprometta il futuro delle prossime generazioni.

L’economia circolare in Europa

La transizione verso un’economia circolare rappresenta una parte significativa degli sforzi volti a modernizzare e trasformare l’economia europea verso un sistema più sostenibile. Le imprese che si orientano verso un’economia più circolare possono raggiungere vantaggi economici significativi diventando sempre più competitive. Indubbiamente tutto questo può apportare benefici all’ambiente, oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro a livello locale e a nuove opportunità di integrazione sociale, che sono strettamente correlate a quelle che sono le priorità dell’Unione Europea in materia di posti di lavoro, crescita, investimenti, agenda sociale e innovazione industriale.

Nel marzo 2020, la Commissione Europea ha presentato un nuovo piano d’azione per l’economia circolare nell’ambito del programma europeo del Green Deal, in linea con la proposta di una nuova strategia industriale, che include proposte per progettare prodotti più sostenibili, ridurre gli sprechi e sul dare più potere ai cittadini, come per esempio attraverso il ‘diritto alla riparazione’.

Nel 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul nuovo piano d’azione per l’economia circolare, basato sul raggiungimento di un’economia a zero emissioni di carbonio, sostenibile dal punto di vista ambientale e completamente circolare entro il 2050. Sono state inoltre stabilite norme di riciclaggio più rigorose e obiettivi obbligatori per l’anno 2030 per quanto riguarda l’uso dei materiali e l’impronta ecologica.

A marzo 2022, la Commissione ha pubblicato il primo pacchetto di misure nell’ambito del piano d’azione per l’economia circolare per accelerare la transizione verso un’economia circolare, attraverso il potenziamento dei prodotti sostenibili, la responsabilizzazione dei consumatori, la revisione del regolamento sui prodotti da costruzione e una strategia sui tessili sostenibili.

Anche dal punto di vista degli imballaggi, ci sono state nuove normative a livello europeo, che includono il miglioramento del design degli imballaggi, fornendo un’etichettatura chiara e promuovendo il riutilizzo e il riciclaggio. La proposta prevede anche il passaggio alla plastica di origine biologica, biodegradabile e compostabile.

Nonostante i progressi legislativi degli ultimi cinque anni, l’impegno a trasformare l’economia europea sostanzialmente lineare in un’economia circolare richiede ulteriori azioni coraggiose e un’implementazione decisiva delle misure esistenti.

L’economia circolare in Italia

L’avvio di una transizione verso un’economia circolare rappresenta un contributo strategico molto importante, passando dalla “necessità” (efficienza nell’uso delle risorse e gestione razionale dei rifiuti) ad una “opportunità” ovvero realizzare nuovi prodotti inserendo in un nuovo ciclo produttivo risorse che sarebbero state altrimenti destinate ad essere solo un rifiuto. L’Italia, Paese tecnologicamente avanzato e competitivo, deve necessariamente orientarsi verso la visione europea della transizione a un’economia circolare, cogliere le opportunità e promuovere iniziative concrete.

Investire in R&S come sistema rappresenta un’opportunità tangibile per le nostre PMI, in particolare quelle manifatturiere, chiamate a ripensare e modificare il proprio modello produttivo, stimolando la creatività per rafforzare la propria presenza nelle catene del valore globali. Inoltre, per un Paese povero di materie prime, come quello italiano, l’utilizzo (e il riciclo) di materiali riciclati prodotti internamente consente di essere meno dipendenti dalle forniture estere, ma anche meno vulnerabili alla volatilità dei prezzi specie in un momento di grande instabilità nei Paesi che hanno le maggiori dotazioni di tali risorse.

I dati del rapporto presentato dal Circular Economy Network, in collaborazione con Enea, confermano il primato dell’Italia sulla circolarità. Per la prima volta, sono stati utilizzati gli indicatori della Commissione europea (produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza) per confrontare le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea. Anche con questi “nuovi” indicatori, risulta confermato il primato dell’Italia (45 punti). Il risultato positivo dell’Italia è dovuto principalmente alla gestione dei rifiuti. Siamo i primi nel tasso di riciclaggio dei rifiuti. Nello specifico, nel 2021, il tasso di riciclo degli imballaggi è stato del 71,7%, 8% in più della media. Nel 2022, la produttività delle risorse in Italia ha generato, per ogni chilo di risorse consumate, 3,7 euro di PIL, +2,7% rispetto al 2018. La media UE, nel 2022, è stata 2,5 euro/kg.

Per ciò che concerne il tasso di utilizzo circolare di materia, cioè il rapporto tra l’uso di materie prime seconde generate col riciclo e il consumo complessivo di materiali, l’Italia conferma la sua posizione nel 2022, con un valore pari al 18,7%. Quasi un quinto della nostra produzione proviene dal riciclo: siamo secondi solo alla Francia per quanto riguarda il riciclo dei materiali. Tuttavia, nel rapporto CEN 2024, troviamo alcune importanti criticità nel nostro sistema produttivo. Ad esempio, il consumo dei materiali in Italia nel 2022 è stato di 12,8 tonnellate/abitante, minore della media europea (14,9 t/ab) ma in crescita (+8,5%) rispetto alle 11,8 t/ab del 2018. Ancora, sempre nel 2022, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materiali (46,8%) è più del doppio della media europea (22,4%), anche se in calo (-3,8%) rispetto al 2018. L’Italia importa oltre il 99% di materie prime critiche, mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea.

Da ormai qualche anno sappiamo e siamo orgogliosi di ripetere che l’Italia è il campione del riciclo in Europa, ma il vantaggio rispetto ai Paesi Ue si assottiglia sempre di più.

Novità normative in tema di circolarità delle risorse sono previste dagli atti giuridici attuativi dei Piani economici europei e nazionali adottati nel 2021, meglio noti, rispettivamente, come “Recovery Fund — Next Generation Eu” e “Piano nazionale di ripresa e resilienza — Pnrr”. Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Sopravvivenza  prevede importanti incentivi finanziari e riforme per promuovere l’agricoltura sostenibile, l’economia circolare, la transizione energetica, la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica degli edifici, le risorse idriche e l’inquinamento, con lo scopo di favorire una progressiva sostituzione dei vecchi modelli di gestione e puntare ad una migliore sostenibilità di tutto il sistema economico riducendo i consumi, la produzione di rifiuti e l’impatto ambientale.

La performance del riciclo del nostro Paese si è indebolita, ma è ancora ai vertici delle classifiche europee. Molto dipende da come verranno utilizzati i fondi del Piano di ripresa e resilienza italiano, che comprende 2,1 miliardi di euro in misure di investimento per migliorare l’economia circolare. Di questi 1,5 sono destinati alla realizzazione e all’ammodernamento dei sistemi di gestione dei rifiuti, e 600 milioni finanzieranno progetti speciali per filiere strategiche dell’economia circolare.

Il contrasto allo spreco alimentare in Italia

Soffermandoci, nello specifico, sulla situazione in Italia dello spreco alimentare, secondo i dati 2024 presentati dall’Osservatorio Waste Watcher in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, in Italia risale lo spreco (+ 8%) e gettiamo 80,9 grammi di cibo ogni giorno, ovvero 566,3 g settimanali, per un costo di circa 290 euro annui a famiglia e un totale di oltre 7 miliardi. Lo spreco complessivo di cibo in Italia vale 13,155 miliardi: un dato vertiginoso che include lo spreco a livello domestico (oltre 7,44 miliardi), quello nella distribuzione (3,99 miliardi), oltre allo spreco nei campi e nell’industria, più contenuto. A livello nazionale si tratta di oltre 220.000 tonnellate di cibo buttato nella fase distributiva. Oltre un terzo dei prodotti ritirati dalla vendita sarebbe ancora perfettamente commestibile.

Un contesto, che va di pari passo a quello che l’analisi definisce “allarme sociale”: dal punto di vista socioeconomico, il ceto che si autodefinisce “popolare” e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione secondo i dati Istat) presenta un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana. E chi si dichiara “povero”, a differenza di quanto si possa pensare, non solo mangia peggio, ma spreca di più (+17%). Questo accade perchè l’effetto prolungato dell’inflazione abbassa il potere d’acquisto e indirizza verso cibo di peggiore qualità e più facilmente deteriorabile. Un consumatore su 2 a basso potere d’acquisto cerca poi cibo a ridosso di scadenza per risparmiare, mentre il 41% sceglie il discount a scapito del negozio. Una soluzione al food waste, da questo punto di vista, può essere quella di rivolgersi a filiere corte e a produzioni biologiche, che già in partenza prevedono una migliore gestione delle risorse e quindi un minore spreco di prodotto.

Sicuramente il diritto italiano e soprattutto il diritto dell’Unione Europea che si occupano di agricoltura, nelle loro articolazioni e gerarchie, non si possono disinteressare dello spreco alimentare. L’Italia ha approvato il 2 agosto 2016 la prima legge sullo spreco alimentare, la cosiddetta Legge Gadda L. 166/2016, che rappresenta un passo importante nelle politiche e nelle strategie per l’attuazione di modelli sia di produzione che consumo più sostenibili. Questa legge, attraverso l’assenza di obblighi o sanzioni, ha fatto sicuramente un grande passo in avanti rispetto alla minimizzazione del fenomeno dello spreco alimentare, con lo scopo di ridurre gli sprechi lungo l’intera filiera, favorendo il recupero e la donazione dei prodotti in eccedenza, e introducendo diverse innovazioni.

Gli obiettivi prioritari sono:

  • favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale, destinandole in via prioritaria all’utilizzo umano;
  • favorire il recupero e la donazione di medicinali, di prodotti farmaceutici e di altri prodotti a fini di solidarietà sociale;
  • contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali mediante azioni volte a ridurre la produzione di rifiuti e a promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti;
  • contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, adottato ai sensi dell’articolo 180, comma 1-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e dal Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare previsto dal medesimo Programma nonché alla riduzione della quantità’ dei rifiuti biodegradabili avviati allo smaltimento in discarica
  • contribuire ad attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori e delle istituzioni sulle materie oggetto della presente legge, con particolare riferimento alle giovani generazioni.

Molta attenzione è, dunque, dedicata alla donazione di cibo, farmaci e altri prodotti ai fini di solidarietà sociale, ma anche alle campagne di comunicazione, divulgazione di dati e sensibilizzazione del consumatore. La Legge Gadda ha consentito di incrementare del 25% il recupero di alimenti ancora buoni e perfettamente consumabili dalla filiera produttiva e distributiva riducendo la burocrazia e agevolando fiscalmente le donazioni. Dalla sua entrata in vigore, solo prendendo ad esempio la grande distribuzione, si è passati dalle 5mila tonnellate di cibo recuperato alle oltre 12mila del 2021.

Pertanto, quando si implementa l’economia circolare nell’industria alimentare, il primo passo è guardare ai costi reali dell’attuale produzione alimentare. Nell’economia circolare, il cibo è concepito come un ciclo, quindi i sottoprodotti di un’attività costituiscono input per l’attività successiva o alternativa. L’economia circolare è un approccio che separa l’attività economica dal consumo di risorse limitate, elimina gli sprechi già in fase di progettazione, e promuove invece un modello economico basato sulla condivisione, il riuso, il rinnovo e il riciclo in un ciclo che non ha mai fine.

La misura appena descritta fa parte di misure suasorie non essendoci una vera obbligatorietà, ma troviamo davvero molti spunti importanti. Solo un processo partecipato può risultare efficace, a partire dall’identificazione delle principali cause di spreco per rispondere all’esigenza di affermare convincenti strumenti di regolazione del contrasto allo spreco.

Economia Circolare:  i benefici per le aziende

L’Economia Circolare è una prospettiva che ribalta i valori che hanno dominato il XX secolo. La transizione verso un’economia più circolare produrrà una serie di vantaggi economici, sociali e ambientali. Questo sistema può senza dubbio ridurre la pressione sulle risorse naturali; migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime; aumentare la competitività delle aziende; promuovere l’innovazione e accelerare la crescita economica.

Per molte aziende manifatturiere, l’impegno per la sostenibilità offre loro l’opportunità di svolgere un ruolo positivo nel contesto sociale in cui esistono e operano, per ottenere un significativo vantaggio competitivo, migliorare la propria efficienza e ridurre i costi. La transizione verso un’economia circolare impone inoltre alle aziende di ripensare la progettazione dei propri prodotti secondo principi di sostenibilità, standardizzazione, modularità e utilizzo di materiali sostenibili, il tutto con l’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, che spesso significa anche ridurre i costi e l’uso delle risorse, oltre che razionalizzare i costi energetici.

Va anche aggiunto che una nuova opportunità può nascere dal ripensamento del modello di business, nel qual caso si passa dalla logica tipica dell’economia lineare e quindi dalla logica della proprietà alla logica di utilizzo. Una strategia che, condivisa lungo la filiera, può creare nuove opportunità per tutti gli stakeholder.

I settori chiave dell’economia circolare sono certamente i seguenti:

  • Elettronica e ICT, l’elettronica e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) rappresentano uno dei flussi di rifiuti in più rapida crescita nell’UE;
  • Batterie e rifiuti di batterie, infatti il ​​regolamento UE sulle batterie adottato nel 2023 mira a creare un’economia circolare nel settore delle batterie, coprendo tutte le fasi del ciclo di vita della batteria;
  • Packaging: si mira a garantire che tutti gli imballaggi sul mercato dell’UE siano riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente fattibile entro il 2030;
  • Plastica: la strategia europea lanciata nel 2018, mira a migliorare la riciclabilità degli imballaggi in plastica e a rispondere al problema delle microplastiche;
  • Tessili: l’UE mira a rendere i tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili entro il 2030;
  • Edilizia e Edifici: la proposta di regolamento sui prodotti da costruzione, adottata dal Consiglio nel giugno 2023, stabilisce nuovi requisiti per garantire che la progettazione e la produzione di prodotti da costruzione li rendano più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rimaneggiare.

Le aziende possono utilizzare fondi statali e incentivi fiscali volti a sviluppare le proprie attività circolari. Il Ministero dell’Economia, ad esempio, ha promosso progetti di ricerca e sviluppo sull’economia circolare con oltre 200 milioni di euro.

Il Decreto 11 giugno 2020, infatti, sostiene la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di soluzioni innovative finalizzate all’uso efficiente e sostenibile delle risorse, il cui scopo è quello di favorire la transizione delle attività produttive verso un modello di economia circolare. Secondo il Ministero dell’Ambiente le misure che possono essere adottate, nell’ambito di un business circolare, come la migliore progettazione ecocompatibile, la prevenzione e il riutilizzo dei rifiuti, possono generare, in tutta l’UE, risparmi netti per le imprese fino a 604 miliardi di euro, ovvero l’8% del fatturato annuo. Al tempo stesso riducendo le emissioni totali annue di CO2 del 2-4%. L’adozione di misure aggiuntive per aumentare la produttività delle risorse del 30% entro il 2030 potrebbe aumentare il PIL complessivo di quasi l’1% e creare più di 2 milioni di posti di lavoro.

Economia Circolare:  i benefici per i consumatori

È senza dubbio importante che tutti contribuiscano e prestino maggiore attenzione alle proprie scelte di consumo che valorizzino le aziende che si concentrano maggiormente sulla circolarità.

Come consumatori, acquistiamo diversi tipi di beni e quindi diventiamo produttori di rifiuti. Pertanto, anche noi consumatori possiamo svolgere un ruolo centrale nel cambiare le decisioni del mercato odierno. Attraverso i nostri comportamenti quotidiani, le abitudini di acquisto e le scelte che compiamo ogni giorno, possiamo davvero fare la differenza.

L’economia circolare ha dei vantaggi anche per i consumatori, può portare a prodotti più durevoli, riparabili e riciclabili, con un impatto ambientale e costi inferiori per i consumatori. Inoltre, la circolarità può favorire la diffusione di modelli di consumo più responsabili e consapevoli. Ad esempio, ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli potrebbe portare a un risparmio di materiale per 6,4 miliardi di euro all’anno (circa il 15% della spesa per materiali) e €140 milioni in costi energetici, con una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 6,3 milioni di tonnellate. In questo caso, una comunicazione trasparente è fondamentale per ottenere un contatto con il consumatore finale che può sempre più comunicare le proprie esperienze attraverso le piattaforme digitali, che a loro volta possono influenzare altri consumatori. Un consumatore consapevole e informato può contribuire alla salvaguardia di materie prime naturali, favorire nuova occupazione e promuovere filiere virtuose e innovative, evitare sprechi e creare economia sostenibile.

A ben guardare, infatti, la promozione del consumo responsabile e dell’economia circolare va ben oltre il semplice acquisto. Il consumatore può agire come influencer, sensibilizzare la società e le istituzioni sui temi della sostenibilità e promuovere l’adozione di politiche pubbliche coerenti.

Fonti:

circulareconomynetwork.it
mase.gov.it
europarl.europa.eu
sna.gov.it
mimit.gov.it

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